
Vite Quasi Parallele

Vite Quasi Parallele
Giovanni Minoli, detto Gianni, Paolo Gentiloni detto Avatar ed il padre del Dibba detto il Padre.
Sono questi i due personaggi su tre che in queste ultime ore sono rimbalzati sulla cresta dell’onda.
Uno nato nel 1945 e l’altro nel 54, pur senza meriti speciali, hanno scalato le vette del successo aiutati dalle loro doti naturali e da una, comunque meritata, dose di fortuna.
La fortuna di saper sfruttare (in senso buono), le rispettive compagnie.
Minoli Giovanni, detto Gianni, quelle femminili e Gentiloni Paolo, detto Avatar, quelle maschili.
Per Giovanni, all’inizio della sua carriere, fu determinante il matrimonio con la figlia di Bernabei che gli spalancò le porte di mamma Rai.
Per Paolo, sempre all’inizio della sua carriera, fu determinante la frequentazione di Mario Capanna, si, proprio lui, il rivoluzionario dei salotti e delle alcove della Milano bene, il fondatore del club dei mazzieri ultra compagni, soprannominati katanghesi che gettarono nel panico mezza Italia.
Ma mentre Giovanni, detto Gianni, tomo tomo, quatto quatto, senza grandi squilli, sfruttava (in senso buono), la posizione dominante del suocero nella Rai democristiana, Paolo, detto Atavar, si mise in luce non come mazziere ma come portaordini e ligio agli ordini che portava, si guadagnò la stima dei compagni.
Qui le vite quasi parallele di questi due personaggi (in senso buono) si divisero e si indirizzarono verso differenti mete ma sempre per la frequentazione determinante di personaggi celebri ed utili.
Il Giovanni rimase fedele alla sua donna mentore e Paolo, invece, passò (in senso buono), da un uomo all’altro.
Da Capanna rosso antico, a Rutelli verde speranza, da Testa Chicco Testa ad Ermete Realacci, da Romano Prodi al Grullo cazzaro, sempre Paolo, si comportò da portaordini e sempre si dimostrò, fino all’ultimo, il primo, grigio ma diligente, esecutore degli ordini che portava per conto terzi.
Mai una sbavatura, mai una titubanza, mai uno scivolone, accompagnarono la vita onorevole di Paolo detto Avatar.
Invece Giovanni detto Gianni, uno scivolone lo fece, una buccia di banana la trovò sul suo cammino.
Una banana agro dolce che, forse perché prodotta in terra di Sicilia, dove come è arcinoto, i siciliani si incazzano se rubi una banana o se ti lamenti del traffico caotico di Palermo, causò grane su grane al nuoro di Bernabei, grane culminate in inchieste mai iniziate e mai concluse.
Anni di dorato oblio sottomisero Giovanni detto Gianni ad un destino grigio, quasi incolore ma sempre dorato, finché non si adattò al ruolo di suocero e poté appoggiarsi alla spalla capiente e comprensiva del nuoro.
Che c’entra il nuoro, vi chiederete.
Ed allora che c’entra Paolo, che c’entra Giovanni e che c’entra il padre del Dibba?
Paolo c’entra perchè con la sua granitica costanza, continua a fare da portaordini.
Giovanni c’entra perchè è un grosso, grande e grasso giornalaio senza edicola ma con una minuscola testarella di fiano.
E il padre del Dibba c’entra perchè era lui che, vestito d’orbace, suonava la batteria in quella orchestrina della nave da crociera dove il Dibba figlio cantava a squarciagola Giovinezza, giovinezza.
A ‘mbecilli, è vero!
Me lo ha detto Apicella…
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